Presentazione mercoledì 1 giugno h. 21
Guerra, intrighi e sangue sconvolgono il Burundi da decenni. Dal colpo di stato militare del 31 ottobre 1993 il Paese africano non conosce pace e i ripetuti massacri su base etnica hanno provocato almeno 50.000 morti e la fuga di centinaia di migliaia di persone. Tra costoro, l’ex ministro Jean-Marie Ngendahayo, politico discendente dalla famiglia reale burundese che intreccia una profonda relazione affettiva con l’autrice del libro e combatte per la democrazia. Sullo sfondo, missionari coraggiosi, violenze contro i più deboli, trame e incomprensioni che portano fino a oggi, con le fiamme tornate a bruciare il Burundi.
L’associazione Kwa Dunìa vi invita alla presentazione del libro “Burundi, la terra del dolore e del silenzio” (Infinito edizioni, 2016) di Maria Ollari che si terrà mercoledì 1 giugno alle h. 21.00 presso la sala polivalente al piano terra di via Bandini 6. Interverranno – insieme all’autrice – Marco Deriu, sociologo, e Jean Claude Midende, economista. Durante la serata l’associazione Kwa Dunìa proporrà la lettura di alcuni brani del libro.
“Un futuro migliore arriverà sicuramente per questo popolo, ma passando ancora attraverso ingiustizie indicibili, orrori inenarrabili, speranze tarpate. Arriverà perché questa terra di dolore e di troppo silenzio è capace di resistenza strenua ed è al tempo stesso aperta al perdono e alla riconciliazione”. (dalla prefazione di un missionario attivo in Burundi)
“Questo libro è un’occasione. Non solo per il Burundi e i burundesi, ma anche per noi lettori italiani o europei. Un’occasione per interrogarci sulla nostra storia passata e sul presente. Ancora una volta oggi il Burundi è sotto il terrore e la repressione di regime e vive sull’orlo di una guerra civile. La storia ci insegna che i più grandi crimini sono resi possibili dai grandi silenzi. Così molto di quel che succederà dipenderà dall’attenzione e dalla reazione della comunità internazionale. Un popolo intero vive e cammina a ridosso di un precipizio. Sta a noi cercare il modo di tendere una mano”. (Marco Deriu)