Venerdì scorso si è concluso il Campo Intercultura, organizzato da CSV Emilia di Parma e  condotto dalla nostra associazione. Si tratta di una settimana dedicata a ragazze e ragazzi tra i 20 e i 25 anni all’insegna di relazione, incontro di culture, apprendimento della lingua italiana e scoperta della città. I protagonisti di questo campo sono stati studenti universitarie, richiedenti asilo, volontarie e rifugiati, tutti provenienti da diverse parti del mondo: Albania, Tunisia, Senegal, Italia, Gambia, Somalia, Romania, Ghana. Insieme, abbiamo cercato di conoscerci nelle nostre diversità culturali e linguistiche tramite giochi di relazione e piccole attività prese dal mondo del teatro, ma anche tramite la musica che ognuno di noi ascolta o suona. Ci siamo allenati per imparare e migliorare la lingua, non solo quella italiana ma quella parlata da ogni partecipante, per entrare meglio nei panni dell’altro e condividere la fatica e la soddisfazione di conoscere un nuovo linguaggio.

Ogni giorno abbiamo pranzato con cibi provenienti da diverse cucine del mondo – specialità indiane, cinesi, turche – e esplorato diversi luoghi storici di Parma e diverse realtà che operano nel sociale. A volte ci siamo recati noi da loro, come quando abbiamo visitato la Pilotta o il Museo d’Arte Cinese ed Etnografico, mentre altre sono venuti loro da noi, come la squadra di calcio antirazzista La Paz che ci ha parlato di come combattere il razzismo tramite lo sport o l’associazione Fruttorti che ci ha aiutato a capire come migliorare la nostra raccolta differenziata. Abbiamo anche lavorato sull’ambiente che viviamo e che ci ospita con la cooperativa Cigno Verde, che ci ha spiegato il mondo del compostaggio, consegnandoci dei materiali per creare dei Kit Ambiente consegnati a diverse associazioni del territorio. 

Abbiamo esplorato la rete di cui è composta la comunità di cui facciamo parte e ci siamo resi conto di avere creato noi stessi, come gruppo, una piccola comunità. 

In una settimana ci siamo scambiati le nostre storie, abbiamo aperto le nostre valigie all’altro in modo che potesse sporgersi un po’ e vedere che alla fine le nostre vite si intrecciano sempre, o quasi. Abbiamo trovato il nostro ritmo collettivo, a tra un battito di djembe e l’altro. E’ stata una bellissima e preziosissima esperienza.